Parrocchia N.S. de La Salette

OLBIA

CARITAS Parrocchiale

LITURGIA DEL GIORNO

LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARROCI

LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARROCI

Carissimi fratelli Parroci!

L’Incontro internazionale “I Parroci per il Sinodo” e il dialogo con quanti vi hanno preso parte, sono l’occasione per ricordare nella mia preghiera tutti i Parroci del mondo, ai quali rivolgo con grande affetto queste parole.

È talmente ovvio che dirlo suona quasi banale, ma questo non lo rende meno vero: la Chiesa non potrebbe andare avanti senza il vostro impegno e servizio. Per questo voglio anzitutto esprimere gratitudine e stima per il generoso lavoro che fate ogni giorno, seminando il Vangelo in ogni tipo di terreno (cfr Mc 4,1-25).

Come state sperimentando in questi giorni di condivisione, le parrocchie in cui svolgete il vostro ministero si trovano in contesti molto differenti: da quelle delle periferie delle megalopoli – le ho conosciute direttamente a Buenos Aires – a quelle vaste come province nelle regioni meno densamente popolate; da quelle dei centri urbani di molti Paesi europei, in cui antiche basiliche ospitano comunità sempre più piccole e più anziane, a quelle in cui si celebra sotto un grande albero e il canto degli uccelli si mescola alla voce dei tanti bambini.

I Parroci conoscono tutto questo molto bene, conoscono dal di dentro la vita del Popolo di Dio, le sue fatiche e le sue gioie, i suoi bisogni e le sue ricchezze. Per questo una Chiesa sinodale ha bisogno dei suoi Parroci: senza di loro non potremo mai imparare a camminare insieme, non potremo mai intraprendere quel cammino della sinodalità che «è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio»  [1].

Non diventeremo mai Chiesa sinodale missionaria se le comunità parrocchiali non faranno della partecipazione di tutti i battezzati all’unica missione di annunciare il Vangelo il tratto caratteristico della loro vita. Se non sono sinodali e missionarie le parrocchie, non lo sarà neanche la Chiesa. La Relazione di Sintesi della Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi è molto chiara a tale riguardo: le parrocchie, a partire dalle loro strutture e dall’organizzazione della loro vita, sono chiamate a concepirsi «principalmente a servizio della missione che i fedeli portano avanti all’interno della società, nella vita familiare e lavorativa, senza concentrarsi esclusivamente sulle attività che si svolgono al loro interno e sulle loro necessità organizzative» (8, l). Occorre perciò che le comunità parrocchiali diventino sempre più luoghi da cui i battezzati partono come discepoli missionari e a cui fanno ritorno, pieni di gioia, per condividere le meraviglie operate dal Signore attraverso la loro testimonianza (cfr Lc 10,17).

Come pastori, siamo chiamati ad accompagnare in questo percorso le comunità che serviamo e, al tempo stesso, a impegnarci con la preghiera, il discernimento e lo zelo apostolico affinché il nostro ministero sia adeguato alle esigenze di una Chiesa sinodale missionaria. Questa sfida riguarda il Papa, i Vescovi e la Curia Romana, e riguarda anche voi Parroci. Colui che ci ha chiamati e consacrati ci invita oggi a metterci in ascolto della voce del suo Spirito e a muoverci nella direzione che ci indica. Di una cosa possiamo essere certi: non ci farà mancare la sua grazia. Lungo il cammino scopriremo anche il modo per liberare il nostro servizio da quegli aspetti che lo rendono più faticoso e riscoprire il suo nucleo più vero: annunciare la Parola e riunire la comunità spezzando il pane.

Vi esorto quindi ad accogliere questa chiamata del Signore a essere, come Parroci, costruttori di una Chiesa sinodale missionaria e a impegnarvi con entusiasmo in questo cammino. A tale scopo, mi sento di formulare tre suggerimenti che potranno ispirare lo stile di vita e di azione dei pastori.

  1. Vi invito a vivere il vostro specifico carisma ministeriale sempre più alservizio dei multiformi doni disseminati dallo Spirito nel Popolo di Dio. Urge, infatti, scoprire, incoraggiare e valorizzare «con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 9) e che sono indispensabili per poter evangelizzare le realtà umane. Sono convinto che in questo modo farete emergere tanti tesori nascosti e vi troverete meno soli nel grande compito di evangelizzare, sperimentando la gioia di una genuina paternità che non primeggia, bensì fa emergere negli altri, uomini e donne, tante potenzialità preziose.
  2. Con tutto il cuore vi suggerisco di apprendere e praticare l’arte del discernimentocomunitario, avvalendovi per questo del metodo della “conversazione nello Spirito”, che ci ha tanto aiutato nel percorso sinodale e nello svolgimento della stessa Assemblea. Sono certo che ne potrete raccogliere numerosi frutti non solo nelle strutture di comunione, come il Consiglio pastorale parrocchiale, ma anche in molti altri campi. Come ricorda la Relazione di Sintesi, il discernimento è un elemento chiave dell’azione pastorale di una Chiesa sinodale: «È importante che la pratica del discernimento sia attuata anche nell’ambito pastorale, in modo adeguato ai contesti, per illuminare la concretezza della vita ecclesiale. Essa consentirà di riconoscere meglio i carismi presenti nella comunità, di affidare con saggezza compiti e ministeri, di progettare nella luce dello Spirito i cammini pastorali, andando oltre la semplice programmazione di attività» (2, l).
  3. Infine, vorrei raccomandarvi di porre alla base di tutto lacondivisione e la fraternità fra voi e con i vostri Vescovi. Tale istanza è emersa con forza dal Convegno internazionale per la formazione permanente dei sacerdoti, sul tema «Ravviva il dono di Dio che è in te» (2 Tm1,6), svoltosi nello scorso febbraio qui a Roma, con oltre ottocento Vescovi, sacerdoti, consacrati e laici, uomini e donne, impegnati in questo campo, in rappresentanza di ottanta Paesi. Non possiamo essere autentici padri se non siamo anzitutto figli e fratelli. E non siamo in grado di suscitare comunione e partecipazione nelle comunità a noi affidate se prima di tutto non le viviamo tra noi. So bene che, nel susseguirsi delle incombenze pastorali, tale impegno potrebbe sembrare un sovrappiù o persino tempo perso, ma in realtà è vero il contrario: infatti, solo così siamo credibili e la nostra azione non disperde ciò che altri hanno già costruito.

Non è solo la Chiesa sinodale missionaria ad aver bisogno dei Parroci, ma anche il cammino specifico del Sinodo 2021-2024, “Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione”, in vista della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà nel prossimo mese di ottobre. Per prepararla abbiamo bisogno di ascoltare la vostra voce.

Per questo, invito coloro che hanno preso parte all’Incontro internazionale “I Parroci per il Sinodo” ad essere missionari di sinodalità anche con voi, loro fratelli Parroci, una volta rientrati a casa, animando la riflessione sul rinnovamento del ministero di parroco in chiave sinodale e missionaria, e al tempo stesso permettendo alla Segreteria Generale del Sinodo di raccogliere il vostro contributo insostituibile in vista della redazione dell’Instrumentum laboris. Ascoltare i Parroci era lo scopo di questo Incontro internazionale, ma ciò non può finire oggi: abbiamo bisogno di continuare ad ascoltarvi.

Carissimi fratelli, sono al vostro fianco in questo cammino che anch’io cerco di percorrere. Vi benedico tutti di cuore e a mia volta ho bisogno di sentire la vostra vicinanza e il sostegno della vostra preghiera. Affidiamoci alla Beata Vergine Maria Odighitria: colei che indica la strada, colei che conduce alla Via, alla Verità e alla Vita.

Roma, San Giovanni in Laterano, 2 maggio 2024

FRANCESCO

 

Nessun fedele è obbligato a credere alle rivelazioni private

Documento del Dicastero per la Dottrina della fede
La conferenza stampa di presentazione

Nessun fedele è obbligato a credere alle rivelazioni private

17 maggio 2024

Fin dagli inizi la Chiesa ha promosso il necessario discernimento dei carismi e dopo duemila anni continua a prendersi cura dei fedeli aiutandoli a essere docili allo Spirito Santo. Le nuove “Norme del Dicastero per la Dottrina della Fede per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali” sono in linea di continuità con questo compito. Lo ha sottolineato il cardinale prefetto Víctor Manuel Fernández durante la conferenza stampa di presentazione del documento. L’incontro con i giornalisti si è svolto stamattina, venerdì 17 maggio, nella Sala Stampa della Santa Sede, attualmente in via dell’Ospedale 1.

Le nuove norme, ha evidenziato il porporato, sono una guida per discernere le situazioni che possono accedere nella comunità cristiana fuori dall’ordinario: manifestazioni legate per esempio a un’immagine o altro che lo Spirito Santo può provocare per stimolare e arricchire i fedeli. La Chiesa, ha fatto notare, lascia liberi i fedeli se prestare o meno attenzione a questi fenomeni, in quanto Dio può usare strade diverse per ciascuno di noi, nei suoi imperscrutabili disegni. L’atteggiamento dei santi di fronte a questi fenomeni è stato contrastante, ha osservato il cardinale. Alcuni li apprezzavano, altri non ne erano molto entusiasti. Nel corso della vita millenaria della Chiesa, ha aggiunto, i carismi si sono manifestati nei secoli e in diversi modi. Anche nella Bibbia troviamo dei riferimenti, san Paolo, tra l’altro, menziona anche il discernimento degli spiriti, affinché tutto avvenga per l’edificazione, perché Dio non è dio di disordine. Lo stesso apostolo parla di vari carismi che esistevano nelle prime comunità, come la sapienza, la conoscenza, il dono delle guarigioni, la varietà di lingue, menziona pure la profezia o la possibilità di qualche rivelazione.

Ci sono casi in cui una manifestazione, ha messo in luce il prefetto dell’ex Sant’Uffizio, provoca cambiamenti di vita: egoisti che diventano generosi, persone con dipendenze che vengono liberate, famiglie divise che si riconciliano, gente che voleva togliersi la vita trova la speranza, così come sorgono vocazioni alla vita consacrata. Come non ammirare, ha osservato, la bellezza di Lourdes, la pietà sobria e profonda che si respira a Fátima o la tenerezza della devozione di Guadalupe. Capita, ha aggiunto, che in determinate circostanze non tutto è bianco o nero, l’evento si mescola a desideri, pensieri fantasie umane. In ogni caso, ha fatto notare, è necessario fare distinzioni, discernere, purificare ciò che confonde e salvare ciò che fa bene.

Quando i vescovi si rivolgono al Dicastero, ha spiegato Fernández, spesso loro aspettano di fare una dichiarazione sulla soprannaturalità del fenomeno. Questo è molto forte, perché si afferma che Dio ha voluto quell'avvenimento, che lo ha provocato con un’azione divina, cioè si riconosce l’origine divina. Alcuni vescovi, ha detto, sono molto coinvolti, anche a volte appassionati per un fenomeno e vogliono dichiarare che viene da Dio, altri meno o sono contrari. D’altra parte, la dichiarazione di soprannaturalità è complessa e comporta tanti problemi. A volte si è giunti alla pubblicazione di un decreto dove si afferma senza dubbio che un fenomeno è vero o non c’è alcun dubbio al riguardo. Il problema è che, allo stesso tempo e sempre con maggior chiarezza, la Chiesa ha affermato che i fedeli non sono mai obbligati a credere a questi fenomeni.

La Parola di Dio, ha evidenziato il cardinale, contiene tutto ciò di cui si ha bisogno per la vita cristiana. Benedetto XVI nell’esortazione apostolica Verbum Domini aveva spiegato che il valore delle rivelazioni private è essenzialmente diverso dall’unica rivelazione pubblica: questa esige la nostra fede. La rivelazione privata è un aiuto, ma non è obbligatorio usarla. Quando un vescovo fa delle dichiarazioni di soprannaturalità su un fenomeno, le persone si sentono giustificate nell’accusare gli altri di essere miscredenti e qualcuno si sente colpevole perché non crede. Ecco perché, ha aggiunto Fernández, le dichiarazioni devono avere un carattere prudenziale. Per ridurre ancora di più le aspettative a queste dichiarazioni positive basta guardare alla storia. È successo che per lo stesso evento, un vescovo ha dichiarato che è soprannaturale, dopo un altro vescovo ha autorizzato il culto, poi un altro ancora lo ha dichiarato non soprannaturale e così sono trascorsi 70 anni. Dato che non è facile arrivare alla certezza morale sulla soprannaturalità, è passato tanto tempo, intanto il fenomeno cresceva e si espandeva in altri Paesi senza un orientamento chiaro. Arrivando tardi i fedeli non presteranno più attenzione a quello che le autorità possono dire. Per questo, il Dicastero non orienterà il discernimento verso la soprannaturalità, ma sarà di tipo prudenziale. In questo modo, occorrerà meno tempo per fare discernimento e si aiuteranno i vescovi nella pastorale. Il cardinale ha spiegato di aver deciso che vi saranno sei possibili conclusioni, guardando la storia di diversi casi, riconoscendo situazioni differenti, all’interno di queste sei possibilità. La più importante è il nihil obstat, cioè non c’è nulla di contrario alla fede e alla morale ed è possibile aderire al fenomeno in maniera prudente. Questo permette al vescovo di cogliere tutto ciò che può esserci di positivo per riconoscere un’azione dello Spirito in mezzo a un fenomeno senza dichiararne la soprannaturalità. Ciò non vuole dire, ha osservato, che tutto quel che fa parte dell’esperienza ha lo stesso valore: può succedere che un fenomeno presenti solo aspetti positivi e a un certo punto la Madonna mandi un messaggio strano al vescovo. Questo può spiegarsi come frutto dell’immaginazione del veggente, a volte si tratta di fantasie, di desideri inconsci, mescolati alla sua esperienza. Ciò non pregiudica la validità dell’intero evento, ma va chiarito.

Successivamente, monsignor Armando Matteo, segretario per la sezione dottrina del Dicastero, ha invitato i giornalisti a diffondere il documento e suor Daniela del Gaudio, della Pontificia Accademia mariana internationalis, ha spiegato che l’Osservatorio sulle apparizioni e i fenomeni mistici è nato al suo interno con lo scopo di offrire un aiuto per la corretta divulgazione di tali eventi. Si tratta, ha aggiunto di un supporto e di un servizio ai vescovi nel percorso di discernimento.

Documento del Dicastero per la Dottrina della fede

Documento del Dicastero per la Dottrina della fede

Le nuove norme per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali

 

17 maggio 2024

Vengono aggiornate le norme per il discernimento dei presunti fenomeni soprannaturali: è quanto stabilisce il nuovo documento del Dicastero per la dottrina della fede, pubblicato venerdì 17 maggio, che entrerà in vigore domenica 19, festa di Pentecoste.

Il testo è preceduto da una articolata presentazione del cardinale prefetto Víctor Manuel Fernández, a cui segue l’introduzione, con l’individuazione di 6 diverse possibili conclusioni. Saranno possibili pronunciamenti più rapidi nel rispetto della devozione popolare e, di norma, non si impegnerà più l’autorità della Chiesa nel definire ufficialmente la soprannaturalità di un fenomeno che potrebbe richiedere molto tempo per essere approfonditamente studiato. L’altra novità è rappresentata dal coinvolgimento più esplicito del Dicastero per la dottrina della fede che dovrà approvare la decisione finale del vescovo e avrà la facoltà di intervenire motu proprio in qualunque momento. In molti dei casi degli ultimi decenni sui quali si sono espressi i singoli vescovi è stato coinvolto l’ex Sant’Uffizio, ma quasi sempre l’intervento rimaneva dietro le quinte e si richiedeva di non renderlo pubblico. A motivare ora questo coinvolgimento esplicito del Dicastero c’è anche la difficoltà nel circoscrivere a livello locale fenomeni che in qualche caso raggiungono dimensioni nazionali e persino mondiali, «per cui una decisione relativa ad una diocesi ha delle conseguenze anche altrove».

Le ragioni delle nuove norme


All’origine del documento c’è la lunga esperienza dell’ultimo secolo, con casi in cui il vescovo locale (o i vescovi di una regione) hanno in tempi rapidissimi dichiarato la soprannaturalità, poi il Sant’Uffizio si è espresso diversamente. Oppure casi in cui un vescovo si è espresso in un modo, il suo successore in modo opposto (sullo stesso fenomeno). Ci sono poi i tempi lunghi, necessari per valutare tutti gli elementi per arrivare a una decisione sulla soprannaturalità o la non soprannaturalità dei fenomeni. Tempi che a volte contrastano con l’urgenza di dare risposte pastorali per il bene dei fedeli. Il Dicastero ha dunque iniziato nel 2019 a revisionare le norme e si è arrivati al testo attuale, approvato dal Papa lo scorso 4 maggio. Un testo del tutto nuovo che introduce, come detto, sei diverse conclusioni possibili.

Frutti spirituali e rischi


Il cardinale Fernández nella presentazione spiega che «tante volte queste manifestazioni hanno provocato una grande ricchezza di frutti spirituali, di crescita nella fede, di devozione e di fraternità e servizio, e in alcuni casi hanno dato origine a diversi santuari sparsi in tutto il mondo che oggi sono parte del cuore della pietà popolare di molti popoli». Esiste però anche la possibilità che «in alcuni casi di eventi di presunta origine soprannaturale» si rilevino «delle criticità molto serie a danno dei fedeli»: casi in cui dai presunti fenomeni si trae «lucro, potere, fama, notorietà sociale, interesse personale» (ii, art. 15, 4°), arrivando addirittura a «esercitare un dominio sulle persone o a compiere degli abusi (ii, art. 16)». Vi possono essere «errori dottrinali, indebiti riduzionismi nella proposta del messaggio del Vangelo, la diffusione di uno spirito settario». Come pure esiste la possibilità che «i fedeli siano trascinati dietro a un evento, attribuito ad un’iniziativa divina», ma che è solo frutto di fantasia, mitomania o della tendenza alla falsificazione di qualcuno.

Gli orientamenti generali


Secondo le nuove norme la Chiesa potrà discernere: «se sia possibile scorgere nei fenomeni di presunta origine soprannaturale la presenza dei segni di un’azione divina; se negli eventuali scritti o messaggi di coloro che sono coinvolti nei presunti fenomeni in parola non vi sia nulla che contrasti con la fede e i buoni costumi; se sia lecito apprezzarne i frutti spirituali, o risulti necessario purificarli da elementi problematici o mettere in guardia i fedeli dai pericoli che ne derivano; e sia consigliabile una loro valorizzazione pastorale da parte dell’autorità ecclesiastica competente» (i, 10). Inoltre «in via ordinaria, non si dovrà prevedere un riconoscimento positivo da parte dell’autorità ecclesiastica circa l’origine divina di presunti fenomeni soprannaturali» (i, 11). Di norma, pertanto «né il Vescovo diocesano, né le Conferenze episcopali, né il Dicastero dichiareranno che i fenomeni sono di origine soprannaturale, e solo il Santo Padre può autorizzare una procedura in tal senso» (i, 23).

I possibili voti sul presunto fenomeno


Segue dunque l’elenco dei sei possibili voti finali al termine del discernimento.

Nihil Obstat: non viene espressa certezza sull’autenticità soprannaturale, ma si riconoscono segni di un’azione dello Spirito. Si incoraggia il vescovo a valutare il valore pastorale e a promuovere la diffusione del fenomeno, compresi i pellegrinaggi.

Prae oculis habeatur: si riconoscono segni positivi, ma ci sono anche elementi di confusione o rischi che richiedono discernimento e dialogo con i destinatari. Potrebbe essere necessaria una chiarificazione dottrinale se ci sono scritti o messaggi associati al fenomeno.

Curatur: sono presenti elementi critici, ma c’è una diffusione ampia del fenomeno con frutti spirituali verificabili. Si sconsiglia un divieto che potrebbe turbare i fedeli, ma si invita il vescovo a non incoraggiare il fenomeno.

Sub mandato: le criticità non sono legate al fenomeno stesso, ma all’uso improprio fatto da persone o gruppi. La Santa Sede affida al vescovo o a un delegato la guida pastorale del luogo.

Prohibetur et obstruatur: Nonostante alcuni elementi positivi, le criticità e i rischi sono gravi. Il Dicastero chiede al vescovo di dichiarare pubblicamente che l’adesione non è consentita e di spiegare le ragioni della decisione.

Declaratio de non supernaturalitate: il vescovo è autorizzato a dichiarare che il fenomeno non è soprannaturale basandosi su prove concrete, come la confessione di un presunto veggente o testimonianze credibili di falsificazione del fenomeno.

Le procedure da seguire


Vengono quindi indicate le procedure da mettere in atto: spetta al vescovo esaminare i casi e sottoporlo al Dicastero per l’approvazione. Al vescovo è chiesto di astenersi dal fare pubbliche dichiarazioni relative all’autenticità o soprannaturalità, e anche di vigilare affinché non vi sia confusione e non si alimenti il sensazionalismo. Nel caso gli elementi raccolti «sembrino sufficienti», il vescovo costituirà una commissione d’indagine annoverando tra i suoi membri almeno un teologo, un canonista e un perito scelto in base alla natura del fenomeno.

Criteri positivi e negativi


Tra i criteri positivi, «La credibilità e buona fama delle persone che affermano di essere destinatarie di eventi soprannaturali o di essere direttamente coinvolte in tali fatti, così come dei testimoni ascoltati... l’ortodossia dottrinale del fenomeno e dell’eventuale messaggio ad esso connesso, il carattere imprevedibile del fenomeno da cui appare chiaramente che non sia frutto dell’iniziativa delle persone coinvolte, i frutti di vita cristiana» (ii, 14). Tra i criteri negativi, la «presenza di un errore manifesto circa il fatto, eventuali errori dottrinali..., uno spirito settario che genera divisione nel tessuto ecclesiale, una ricerca evidente di lucro, potere, fama, notorietà sociale, interesse personale collegata strettamente al fatto, atti gravemente immorali..., alterazioni psichiche o tendenze psicopatiche nel soggetto, che possano aver esercitato un’influenza sul presunto fatto soprannaturale, oppure psicosi, isteria collettiva o altri elementi riconducibili a un orizzonte patologico» (ii, 15). Infine «è da considerarsi di particolare gravità morale l’uso di esperienze soprannaturali asserite o di elementi mistici riconosciuti come mezzo o pretesto per esercitare un dominio sulle persone o compiere degli abusi» (ii, 16). Qualunque sia la determinazione finale approvata, il vescovo «ha il dovere di continuare a vigilare sul fenomeno e sulle persone coinvolte» (ii, 24).

MAGGIO – GIUGNO 2024

MAGGIO – GIUGNO 2024

Il mese di maggio è stato celebrato in parrocchia con solennità attraverso la “Peregrinatio Mariae”.

Il simulacro della Beata Vergine è stato portato nelle famiglie che hanno dato la loro disponibilità per offrire momenti di preghiera con la recita del rosario. Anche la memoria della Beata Vergine di Pompei (8 maggio) ha visto una grande partecipazione di popolo al rosario meditato, alla supplica e alla santa Messa serale.

Come sempre, il 22 maggio, festa di Santa Rita, c’è stata una folta presenza alla supplica  e la benedizione delle rose.

Straordinariamente la chiesa si riempie più del Natale e della Pasqua. Anche se, occorre dirlo, una vera devozione verso i Santi dovrebbe sempre orientare a Cristo, perché la nostra fede è cristocentrica e i Santi sono soltanto intermediari tra Dio e l’uomo.

Il mese mariano ha vissuto altri due momenti importanti e coinvolgenti: il 26 maggio 74 bambini si sono accostati per la prima volta all’Eucaristia. Un numero davvero considerevole, vista la crisi demografica che sta vivendo l’Italia e la Sardegna in particolare. Il secondo momento è stato vissuto in parrocchia il 31 maggio con la festa della Visitazione e la solenne chiusura del mese mariano.

Quest’anno si è tenuta in parrocchia, in quell’occasione, la maratona mariana con l’esposizione del Santissimo; dopo la conclusione della santa messa e il rosario alternato da gruppi fino alle ore 19. Durante la messa serale, eccezionalmente celebrata alle 20, don Gianfranco ha presentato 24 fedeli appartenenti al Cenacolo Mariano  che si sono consacrati al Cuore Immacolato di Maria.

E ’seguita una fiaccolata mariana intorno alla chiesa parrocchiale e un’agape fraterna nella sala San Tommaso, dove è arrivato ogni ben di Dio.

Il mese di giugno, tradizionalmente dedicato dalla Chiesa al Sacro Cuore di Gesù, vede impegnata la comunità parrocchiale nella recita del Santo Rosario e della Coroncina, tutti i giorni prima della santa messa.

Il 23 giugno arriverà in parrocchia il Vescovo dom Roberto Fornaciari per amministrare la Cresima a 30 ragazzi.

La nostra speranza, e credo sia anche quella della Chiesa, è che questi ragazzi con l’arrivo dell’estate non mandino in vacanza anche la Fede.

RITORNO ALLE SORGENTI

RITORNO ALLE SORGENTI

Per capire ed entrare nella spiritualità di un santuario, soprattutto dove sono avvenute delle apparizioni della Vergine, bisogna recarsi sul posto.

E’ per questo che 30 parrocchiani, guidati dal parroco don Gianni Sini, partono per il santuario di Nostra Signora de La Salette, situato nell’alta Savoia, in un luogo isolato a 1800 metri di altezza che permette di riflettere sul messaggio lasciato dalla Vergine a Maximine Giraud e Melanie Calvat il 19 settembre del 1846.

Per i parrocchiani si tratta di un ritorno alle sorgenti.

Attraverso le testimonianze e le riflessioni dei padri salettiani che guidano il santuario, si può cogliere l’attualità del messaggio della Vergine: invito alla conversione, ritorno al Signore e al rispetto della domenica, Pasqua della settimana.

Non ci sono distrazioni, non rumori di macchine e della città perché il villaggio più vicino è a 6 chilometri di distanza.

Tutti i pellegrini, certamente, hanno accolto l’invito del Signore che ancora oggi dice: “Venite in disparte e riposatevi un pò “.

BUON VIAGGIO

Omelia del Vescovo Fornaciari per la Giornata dell’ammalato

11 febbraio 2024 - Omelia del Vescovo Fornaciari per la Giornata dell’ammalato.

 

La liturgia di queste ultime domeniche, attraverso la lettura del primo capitolo del Vangelo di Marco, ci ha presentato la giornata tipo di Gesù, una giornata molto piena di attività e incontri, con i vari passaggi dalla sinagoga, alla casa di Simone, alla piazza…

spazi diversi, ognuno dei quali rappresenta una realtà, una dimensione differente della vita.

L’evangelista ci ha anche mostrato come Gesù togliesse ore al sonno per stare con il Padre, in preghiera.

Come se ci dicesse che questo è il segreto della forza di Gesù, da cui traeva l’energia per portare avanti giornate di tale intensità.

Da qui traeva la sua straordinaria capacità di stare con gli altri, di stare in ascolto dei problemi della gente; dal rapporto con il Padre, cioè da una orazione continua e profonda.

Il primo capitolo di Marco si conclude con l’episodio di un lebbroso che, in modo inconcepibile, sfidando tutti i divieti relativi alla sua malattia, si avvicina a Gesù e gli chiede di essere purificato.

Il lebbroso, secondo le leggi in vigore a quel tempo, non poteva entrare in contatto con nessuno e nessuno con lui.

La lebbra era una malattia che per il fatto di essere contagiosa, provocava uno stato di isolamento sociale, perché escludeva dalla vita comune, tagliava fuori dai rapporti con gli altri. Il lebbroso era un morto vivente.

L’impurità era non solo medica (sanitaria), ma religiosa.

C’era inoltre l’idea che la malattia fosse una punizione divina (ancora oggi, molto tristemente, capita di sentire persone che ragionano in questi termini).

Quest’uomo, la cui relazione con gli altri è profondamente trasformata, si avvicina a Gesù e gli dice “se vuoi, puoi purificarmi”. 

Gesù è mosso dalla compassione che per il Vangelo non è semplicemente benevolenza, gentilezza o partecipazione alla sofferenza del prossimo. La compassione è un sentimento profondo che “sconvolge le viscere”, crea un nodo allo stomaco, (splendìzomai). Gesù si lascia coinvolgere nella condizione miserevole di quella persona e la sua compassione non diventa solo azione personale, ma più tardi anche desiderio di coinvolgere i dodici nel medesimo sguardo affinché il loro ministero sia un’efficace estensione del suo potere di guarigione e di salvezza. La compassione nel vedere la condizione di solitudine o sofferenza dei malati, come in altri casi di abbandono e desolazione del popolo, è il punto di partenza della Sua azione e possiamo dire che dovrebbe essere la via maestra e regale di ogni discepolo di Gesù.

Si può dire che la compassione è accorgersi che gli altri esistono, è dimenticarsi finalmente di se stessi, dei propri progetti, problemi, difficoltà, speranze per assumere uno sguardo che si fa carico della condizione dei fratelli e sorelle che vivono accanto a noi. Non è mai stato facile aprire il proprio sguardo sugli altri e forse oggi più che mai si avverte la fatica di guidarci con compassione tanto siamo reclinati su noi stessi, preoccupati per il nostro bene o interesse. La celebre e drammatica espressione del filosofo esistenzialista Jean-Paul Sartre sembra aver fatto scuola e avere trovato numerosi discepoli: l’inferno sono gli altri! (in francese "l'enfer, c'est les autres").

La compassione è prendersi cura degli altri, caricarsi delle loro sofferenze, condividere le loro speranze e attese, spendere il proprio tempo a fondo perduto, così ci è raccontato nella parabola del Buon Samaritano (cfr Lc 10, 29-37).

La prima conseguenza di questo sguardo è donare la cosa più preziosa che abbiamo: il nostro tempo! Il mio tempo donato – che nessuno mi potrà rifondere – è il dono più grande che posso dare al fratello e alla sorella che incrocia il mio cammino. Siamo infatti gelosi del nostro tempo per conseguire i nostri legittimi obiettivi professionali, di riposo o di svago, e quante volte consideriamo gli altri come intrusi che ci fanno perdere tempo, soprattutto se abbiamo la fondata certezza che non potremo ottenere da loro qualcosa di vantaggioso per noi in cambio. Dare tempo per ascoltare spesso vicende intrise di dolore e sofferenze, necessità impellenti che richiedono non solo dispendio di tempo ma anche di risorse. Abbiamo poco tempo e non possiamo sprecarlo e consideriamo questo fermarci in ascolto dell’altro come un’inutile perdita di tempo, magari mostrando al nostro interlocutore l’orologio, sperando che comprenda che il suo tempo è scaduto!

Credo che oggi più che mai la Chiesa e chi ha responsabilità di guida, anche a livello sociale e politico, e pure aziendale, debba saper offrire questo spazio di ascolto e di accoglienza, esercitare quell’ascesi dell’ascolto che, pur essendo a volte estenuante, è il primo grande frutto della compassione. Uscire dal proprio mondo, dalle proprie necessità e urgenze, dall’essere reclinati su noi stessi, avvalendosi - magari – della propria posizione di forza e di potere, e servirsi delle persone che sono affidate alle nostre cure per un tornaconto personale, è una delle tragedie più frequenti del nostro tempo. 

Gesù coinvolge i suoi discepoli in questo sguardo di compassione e conferisce loro un’autorità per il Bene, ma ricorda a loro che il primo compito di un evangelizzatore è la preghiera!

 Questa pagina del Vangelo vuol dirci che Gesù è colui nel quale Dio si fa prossimo agli uomini: a tutti gli esseri umani, anche a chi è escluso ed emarginato. Gesù è una prossimità che supera le distanze, anche quelle generate da interpretazioni dell’esistenza che sembrano essere sacre e intangibili.

In Gesù si attua la presenza del Regno, che guarisce l’uomo, toglie le cause e le conseguenze del male, introduce in un nuovo rapporto con Dio e con la comunità. Le guarigioni di Gesù sono segni rivelatori della sovranità di Dio che Gesù rende presente.

Per questo al lebbroso guarito impone il silenzio, Gesù non vuole creare confusione, non vuole presentarsi come un guaritore, ma è venuto per annunciare la presenza, la prossimità del Regno, che i sacerdoti potrebbero scorgere nel verificare la guarigione del lebbroso.

Ma il gesto di Gesù non può essere tenuto nascosto e il guarito inizia a sua volta a portare un lieto annunzio, si comporta come chi porta la parola di Gesù, il Vangelo.

Tutti possiamo riconoscerci a volte in colui che provoca compassione, altre volte in colui che prova compassione. Tutti possiamo fare l’esperienza di essere purificati, guariti, liberati da qualcosa che non ci permette di vivere pienamente, ci limita, soffoca la vera libertà che è la capacità di superare l’egoismo, l’egocentrismo, e tutti possiamo sentirci spinti a comunicare una Buona Notizia a chi incontriamo sul nostro cammino, ogni giorno.