RITORNO ALLE SORGENTI

RITORNO ALLE SORGENTI

Per capire ed entrare nella spiritualità di un santuario, soprattutto dove sono avvenute delle apparizioni della Vergine, bisogna recarsi sul posto.

E’ per questo che 30 parrocchiani, guidati dal parroco don Gianni Sini, partono per il santuario di Nostra Signora de La Salette, situato nell’alta Savoia, in un luogo isolato a 1800 metri di altezza che permette di riflettere sul messaggio lasciato dalla Vergine a Maximine Giraud e Melanie Calvat il 19 settembre del 1846.

Per i parrocchiani si tratta di un ritorno alle sorgenti.

Attraverso le testimonianze e le riflessioni dei padri salettiani che guidano il santuario, si può cogliere l’attualità del messaggio della Vergine: invito alla conversione, ritorno al Signore e al rispetto della domenica, Pasqua della settimana.

Non ci sono distrazioni, non rumori di macchine e della città perché il villaggio più vicino è a 6 chilometri di distanza.

Tutti i pellegrini, certamente, hanno accolto l’invito del Signore che ancora oggi dice: “Venite in disparte e riposatevi un pò “.

BUON VIAGGIO

Omelia del Vescovo Fornaciari per la Giornata dell’ammalato

11 febbraio 2024 - Omelia del Vescovo Fornaciari per la Giornata dell’ammalato.

 

La liturgia di queste ultime domeniche, attraverso la lettura del primo capitolo del Vangelo di Marco, ci ha presentato la giornata tipo di Gesù, una giornata molto piena di attività e incontri, con i vari passaggi dalla sinagoga, alla casa di Simone, alla piazza…

spazi diversi, ognuno dei quali rappresenta una realtà, una dimensione differente della vita.

L’evangelista ci ha anche mostrato come Gesù togliesse ore al sonno per stare con il Padre, in preghiera.

Come se ci dicesse che questo è il segreto della forza di Gesù, da cui traeva l’energia per portare avanti giornate di tale intensità.

Da qui traeva la sua straordinaria capacità di stare con gli altri, di stare in ascolto dei problemi della gente; dal rapporto con il Padre, cioè da una orazione continua e profonda.

Il primo capitolo di Marco si conclude con l’episodio di un lebbroso che, in modo inconcepibile, sfidando tutti i divieti relativi alla sua malattia, si avvicina a Gesù e gli chiede di essere purificato.

Il lebbroso, secondo le leggi in vigore a quel tempo, non poteva entrare in contatto con nessuno e nessuno con lui.

La lebbra era una malattia che per il fatto di essere contagiosa, provocava uno stato di isolamento sociale, perché escludeva dalla vita comune, tagliava fuori dai rapporti con gli altri. Il lebbroso era un morto vivente.

L’impurità era non solo medica (sanitaria), ma religiosa.

C’era inoltre l’idea che la malattia fosse una punizione divina (ancora oggi, molto tristemente, capita di sentire persone che ragionano in questi termini).

Quest’uomo, la cui relazione con gli altri è profondamente trasformata, si avvicina a Gesù e gli dice “se vuoi, puoi purificarmi”. 

Gesù è mosso dalla compassione che per il Vangelo non è semplicemente benevolenza, gentilezza o partecipazione alla sofferenza del prossimo. La compassione è un sentimento profondo che “sconvolge le viscere”, crea un nodo allo stomaco, (splendìzomai). Gesù si lascia coinvolgere nella condizione miserevole di quella persona e la sua compassione non diventa solo azione personale, ma più tardi anche desiderio di coinvolgere i dodici nel medesimo sguardo affinché il loro ministero sia un’efficace estensione del suo potere di guarigione e di salvezza. La compassione nel vedere la condizione di solitudine o sofferenza dei malati, come in altri casi di abbandono e desolazione del popolo, è il punto di partenza della Sua azione e possiamo dire che dovrebbe essere la via maestra e regale di ogni discepolo di Gesù.

Si può dire che la compassione è accorgersi che gli altri esistono, è dimenticarsi finalmente di se stessi, dei propri progetti, problemi, difficoltà, speranze per assumere uno sguardo che si fa carico della condizione dei fratelli e sorelle che vivono accanto a noi. Non è mai stato facile aprire il proprio sguardo sugli altri e forse oggi più che mai si avverte la fatica di guidarci con compassione tanto siamo reclinati su noi stessi, preoccupati per il nostro bene o interesse. La celebre e drammatica espressione del filosofo esistenzialista Jean-Paul Sartre sembra aver fatto scuola e avere trovato numerosi discepoli: l’inferno sono gli altri! (in francese "l'enfer, c'est les autres").

La compassione è prendersi cura degli altri, caricarsi delle loro sofferenze, condividere le loro speranze e attese, spendere il proprio tempo a fondo perduto, così ci è raccontato nella parabola del Buon Samaritano (cfr Lc 10, 29-37).

La prima conseguenza di questo sguardo è donare la cosa più preziosa che abbiamo: il nostro tempo! Il mio tempo donato – che nessuno mi potrà rifondere – è il dono più grande che posso dare al fratello e alla sorella che incrocia il mio cammino. Siamo infatti gelosi del nostro tempo per conseguire i nostri legittimi obiettivi professionali, di riposo o di svago, e quante volte consideriamo gli altri come intrusi che ci fanno perdere tempo, soprattutto se abbiamo la fondata certezza che non potremo ottenere da loro qualcosa di vantaggioso per noi in cambio. Dare tempo per ascoltare spesso vicende intrise di dolore e sofferenze, necessità impellenti che richiedono non solo dispendio di tempo ma anche di risorse. Abbiamo poco tempo e non possiamo sprecarlo e consideriamo questo fermarci in ascolto dell’altro come un’inutile perdita di tempo, magari mostrando al nostro interlocutore l’orologio, sperando che comprenda che il suo tempo è scaduto!

Credo che oggi più che mai la Chiesa e chi ha responsabilità di guida, anche a livello sociale e politico, e pure aziendale, debba saper offrire questo spazio di ascolto e di accoglienza, esercitare quell’ascesi dell’ascolto che, pur essendo a volte estenuante, è il primo grande frutto della compassione. Uscire dal proprio mondo, dalle proprie necessità e urgenze, dall’essere reclinati su noi stessi, avvalendosi - magari – della propria posizione di forza e di potere, e servirsi delle persone che sono affidate alle nostre cure per un tornaconto personale, è una delle tragedie più frequenti del nostro tempo. 

Gesù coinvolge i suoi discepoli in questo sguardo di compassione e conferisce loro un’autorità per il Bene, ma ricorda a loro che il primo compito di un evangelizzatore è la preghiera!

 Questa pagina del Vangelo vuol dirci che Gesù è colui nel quale Dio si fa prossimo agli uomini: a tutti gli esseri umani, anche a chi è escluso ed emarginato. Gesù è una prossimità che supera le distanze, anche quelle generate da interpretazioni dell’esistenza che sembrano essere sacre e intangibili.

In Gesù si attua la presenza del Regno, che guarisce l’uomo, toglie le cause e le conseguenze del male, introduce in un nuovo rapporto con Dio e con la comunità. Le guarigioni di Gesù sono segni rivelatori della sovranità di Dio che Gesù rende presente.

Per questo al lebbroso guarito impone il silenzio, Gesù non vuole creare confusione, non vuole presentarsi come un guaritore, ma è venuto per annunciare la presenza, la prossimità del Regno, che i sacerdoti potrebbero scorgere nel verificare la guarigione del lebbroso.

Ma il gesto di Gesù non può essere tenuto nascosto e il guarito inizia a sua volta a portare un lieto annunzio, si comporta come chi porta la parola di Gesù, il Vangelo.

Tutti possiamo riconoscerci a volte in colui che provoca compassione, altre volte in colui che prova compassione. Tutti possiamo fare l’esperienza di essere purificati, guariti, liberati da qualcosa che non ci permette di vivere pienamente, ci limita, soffoca la vera libertà che è la capacità di superare l’egoismo, l’egocentrismo, e tutti possiamo sentirci spinti a comunicare una Buona Notizia a chi incontriamo sul nostro cammino, ogni giorno.

46^ GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA

La domenica 4 febbraio è stata celebrata la 46^ Giornata nazionale per la Vita.

Anche la parrocchia di Nostra Signora de La Salette ha voluto celebrare questa giornata ricordando l’importante significato e l’impegno che ne deriva da parte di tutti, credenti e non credenti. Il dottor Nicolò Tamponi, collaboratore prezioso del Movimento per la vita, ha presentato il quadro della situazione di Olbia in questo momento. Dalla responsabile del Movimento per la vita, Nadia Spano, abbiamo ricevuto questo messaggio che fedelmente trascriviamo: ““Per noi del Movimento per la vita di Olbia è stata la 26^ giornata. Già 26 anni di attività sul territorio in difesa dei più deboli fra i deboli; il feto, colui che dovrebbe essere cullato nel seno materno e che spesso invece diventa il reietto, considerato anziché persona da difendere ed amare, solo un grumo di cellule di cui liberarsi, seppure sia vita dal primo istante, perché noi, se oggi esistiamo, lo dobbiamo a quel primo stadio in cui siamo stati “cellule” e, subito dopo, già feti con un cuore ed un sistema nervoso autonomi, braccia e manine, gambe, piedini e una testa ben differenziata.

Oggi il Movimento per la vita di Olbia aiuta 68 mamme, per la maggior parte olbiesi, segno di una crisi economica travolgente, con bambini entro i 3 anni di cui 46 con bimbi al disotto dei 18 mesi, dando loro oltre al vestiario, lettini, corredino, che ci vengono generosamente donati e soprattuttto panni, latte artificiale, omogeneizzati e quanto serve per l’alimentazione che acquistiamo attraverso l’autotassazione dei soci fondatori, la generosità di chi crede in ciò che facciamo e ci sovvenziona con donazioni saltuarie e con le iniziative che portiamo avanti. Una di queste iniziative è la vendita delle primule, simbolo di vita che rinasce, proprio in occasione della Giornata per la vita. Per questo sabato 3 febbraio ci avete trovato fra i mille colori dei nostri fiori, dopo la Santa Messa a La Salette e Sant’Ignazio e la domenica mattina e dopo le sante messe presso i piazzali de La Salette, la Sacra Famiglia, San Michele arcangelo e San Ponziano e quest’anno anche a San Pantaleo. Purtroppo la mancanza di volontari ci impedisce di essere presenti in tutte le chiese come vorremmo, ma come disse Gesù: “La messe è tanta, ma gli operai sono pochi”.

Ringrazio tutti coloro che hanno confermato la loro presenza per aiutarci in questa iniziativa. Mi raccomando non mancate per acquistare le nostre meravigliose primule: porterete a casa un soffio di primavera e soprattutto aiuterete una mamma e il suo bambino. Ringrazio in particolare don Gianni Sini e don Andrea Raffatellu per averci ospitato da innumerevoli anni e ogni parroco che ha ospitato i nostri volontari in questo anno.””

RISCOPRIRSI MARITO E MOGLIE

RISCOPRIRSI MARITO E MOGLIE

(Lo sposalizio di Giuseppe e Maria)

Le parrocchie di Nostra Signora de La Salette e Sant’Ignazio da Laconi in Olbia, in collaborazione con il Centro Famiglia hanno organizzato, la domenica 28 gennaio nella parrocchia della Sacra Famiglia, un incontro con gli sposi che non hanno superato il 60° anno di età per vivere un momento di preghiera e di condivisione guidati dalla riflessione di Nicoletta Musso e Davide Oreglia, artigiani delle relazioni, come amano definirsi. Una coppia di sposi che vive a Mondovì insieme ai loro 5 figli, impegnata nella pastorale familiare che tiene corsi e incontri in tutta Italia. Quasi 200 persone hanno partecipato alla catechesi.

Al termine dell’incontro gli sposi, con in mano delle candele, sono entrati in chiesa mano nella mano e in un clima di preghiera e di fede hanno rinnovato le promesse nuziali.

Molto soddisfatto il responsabile dell’Ufficio Diocesano di Pastorale Familiare don Gianfranco Cascioni, organizzatore dell’incontro insieme ai padri Cappuccini della parrocchia di Sant’Ignazio.

Al termine dell’incontro don Gianfranco ha detto: “La giornata di oggi si è svolta in modo pertinente alla spiritualità familiare. Prima di tutto un momento di preghiera, un momento di invocazione allo Spirito sui coniugi Oreglia che avrebbero dovuto parlare agli sposi. Hanno dato il meglio di sé, proponendo una catechesi molto apprezzata da tutti e coinvolgente”.

Anche i coniugi Oreglia sono rimasti molto soddisfatti al temine dell’incontro e hanno dichiarato ai nostri microfoni: “Oggi abbiamo raccontato la bellezza del sacramento delle nozze e la bellezza della relazione uomo-donna e l’indispensabile azione di  “manutezione ordinaria” che deve essere fatta perché la nostra relazione cresca, perché come dice Papa Francesco nella “Amoris Laetitia”: ogni amore che non cresce corre seri pericoli e crescere è prezioso ed essenziale, anche con piccolissimi gesti si può garantire questa crescita alle nostre relazioni.”

Sicuramente, questa è una esperienza da ripetere. Se lo augurano tutte le coppie.

GIORNATA DELL’AMMALATO

GIORNATA DELL’AMMALATO

11 FEBBRAIO 2024

 

Come ogni anno, il giorno 11 febbraio si celebra la giornata mondiale dell’ammalato.

Quest’anno ricorre la 32^ giornata mondiale, sul tema: “Non è bene che l’uomo sia solo”. Curare il malato curando le relazioni. Il Santo Padre nel messaggio richiama il modello del Buon samaritano con la sua capacità di rallentare il passo e di farsi prossimo, alla tenerezza con cui lenisce le ferite del fratello che soffre e ricorda che la prima cura di cui abbiamo bisogno nella malattia è la vicinanza piena di compassione e di tenerezza. Per questo, prendersi cura del malato significa anzitutto prendersi cura delle sue relazioni, di tutte le sue relazioni: con Dio, con gli altri, familiari, amici, operatori sanitari, con il creato, con se stesso.

La nostra parrocchia dedicherà particolare attenzione a questa giornata coinvolgendo le associazioni di volontariato che operano nel mondo della sofferenza e della disabilità: Villa Chiara, “L’associazione un incontro una speranza”, l’Oftal, l’Unitalsi, La Croce Rossa, la Croce Bianca e gli Scout.

La celebrazione eucaristica sarà presieduta dal Vescovo diocesano Dom Roberto Fornaciari e concelebrata dai sacerdoti alle ore 17 della domenica 11 febbraio.

I ministri straordinari indicheranno e solleciteranno per tempo gli ammalati in modo da poter predisporre un servizio di accompagnamento per quelle persone che avessero necessità dell’ambulanza.

Al temine della celebrazione berrà offerto un rinfresco ai partecipanti.

Come sempre, chi volesse portare qualcosa da offrire: dolci, biscotti, mirto, frittelle, bibite, sarà tutto ben accetto.

Per chi non potesse partecipare alla celebrazione, l’emittente cattolica Teleregione Live, al canale 88 del Digitale Terrestre, manderà in diretta la Santa Messa.

Estendete l’invito a partecipare anche alle persone sane e ai vostri amici.

Vi ricordiamo che durante la Santa Messa, il Vescovo e i sacerdoti amministreranno il sacramento dell’Unzione degli Infermi a tutte quelle persone che rientrano nelle condizioni: anziani, malati, persone che devono subire interventi o seguire terapie impegnative o che manifestano fragilità fisiche o psichiche.

Il Papa all’Unitalsi nel 120° anniversario di attività al servizio dei malati

Il Papa all’Unitalsi nel 120° anniversario di attività al servizio dei malati

Il coraggio di andare controcorrente in un mondo che scarta
in nome dell’efficienza

14 dicembre 2023

All’incontro con il Santo Padre hanno partecipato la sezione Sarda Nord e Sarda Sud dell’Unitalsi e, naturalmente era presente anche la sottosezione di Tempio con il presidente Mario Sanna, l’assistente di sezione don Gianni Sini e alcuni soci.

Riportiamo di seguito il testo del discorso pronunciato dal Santo Padre, il quale si è intrattenuto per salutare gli ammalati e i rappresentanti dell’Associazione. Subito dopo il trasferimento in San Pietro per la celebrazione della Messa presieduta dall’arcivescovo mons. Rocco Pennacchio, Assistente Nazionale dell’Unitalsi.

«Non stancatevi di andare controcorrente in un mondo che, in nome del benessere e dell’efficienza a tutti i costi, emargina e scarta». È l’invito rivolto da Papa Francesco alle migliaia di volontari dell’Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali (Unitalsi) che, insieme con malati e disabili, sono stati ricevuti in udienza nella mattina di oggi, giovedì 14 dicembre, nell’Aula Paolo VI , in occasione dei 120 anni di vita del sodalizio, fondato da Giovanni Battista Tomassi nel 1903.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti tutti!

Sono contento di incontrare l’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali (Unitalsi), nata 120 anni fa. La vostra presenza numerosa e variegata — malati, persone con disabilità, volontari, barellieri, famiglie, operatori sanitari, giovani, sacerdoti — testimonia la bellezza di una Chiesa che sa accompagnare, una Chiesa che sa prendersi cura dei più deboli, una Chiesa che sa annunciare il Vangelo nella carità operosa. Grazie, grazie tante per quello che fate! Non stancatevi di andare controcorrente in un mondo che, in nome del benessere e dell’efficienza a tutti i costi, emargina e scarta. Vi incoraggio nel vostro prezioso servizio, e lo faccio riferendomi ai simboli che avete posto nel logo dell’anniversario: il bastone e i sandali, segni del pellegrino, e la Vergine. Un invito a custodire lo spirito del pellegrinaggio, animato dal Vangelo, e a tenere lo sguardo su Maria.

Il pellegrinaggio è al centro della vostra opera, da quando il giovane Giovanni Battista Tomassi, affetto da artrite deformante irreversibile, fondò l’Unitalsi dopo aver sperimentato il conforto della preghiera durante un viaggio a Lourdes. Nella città mariana aveva immaginato di togliersi la vita e invece, proprio lì, ritrovò il senso profondo del suo essere, lì trovò la forza della fede. Anche oggi i pellegrinaggi che organizzate sono un balsamo per le ferite di tante persone con disabilità, malate, anziane o bisognose di aiuto, che accompagnate a Lourdes e negli altri principali santuari italiani ed esteri. Sono viaggi per la vita, viaggi di guarigione — in diverse dimensioni —, che promuovono la dignità di ogni esistenza umana, soprattutto segnata dalla malattia, dalla fragilità e dalla sofferenza. Nei pellegrini — come siamo tutti noi in questo mondo — si riflette il volto di Cristo, che ha preso su di sé le nostre infermità per impregnarle con la forza della Risurrezione.

L’esperienza del pellegrinaggio ha in sé i valori dell’accoglienza, dell’ospitalità, della solidarietà, e nelle vostre iniziative mette sulla stessa strada persone sane e malate, anziani e giovani, consacrati e laici; così diventa segno vivo di una Chiesa che cammina insieme, che supporta chi non ce la fa e che non vuole lasciare indietro nessuno. È immagine della Chiesa “ospedale da campo” che, come il buon Samaritano, si accosta con compassione e fascia le ferite versandovi olio e vino (cfr. Lc 10, 34). E tutto in silenzio, tutto con discrezione, perché davanti alla sofferenza le parole devono lasciare spazio alla vicinanza e ai gesti di tenerezza. Mi raccomando: sia sempre questo il vostro stile!

La vostra Associazione, diffusa e radicata in modo capillare nel territorio italiano, assicura un punto di riferimento per le famiglie e le comunità, svolgendo una funzione di presidio per la vita nella fragilità. Allo stesso tempo, svolge un’opera di evangelizzazione e di apostolato. Lo fa sine glossa, come direbbe San Francesco, ovvero con i fatti, con l’esempio, con un annuncio che ha il sapore della concretezza. È questo un linguaggio che può parlare a tutti, come vediamo nel Vangelo, quando la gente cercava Gesù perché in Lui sentiva la forza di Dio che guarisce, di Dio che perdona, di Dio che consola, di Dio che dà speranza. La Parola di Dio sia sempre il vostro nutrimento e anche il vostro “bastone”, che vi sostiene nel cammino, per non vacillare anche quando la strada si fa ardua e le forze sembrano venire meno.

E poi, cari amici, confidate in Maria. Il suo abbraccio è spesso la meta dei vostri pellegrinaggi. Continuate a cercarla, a contemplarla, a invocarla, a deporre ai suoi piedi le fatiche, le angosce, i dolori che ognuno porta con sé. In questo anniversario avete voluto che l’effige della Madonna di Lourdes visitasse l’Italia, con una peregrinatio attraverso le vostre Sezioni locali, coinvolgendo migliaia di persone, nelle chiese, negli ospedali, nelle case di riposo e di accoglienza, nelle carceri. E oggi è arrivata anche qui. Vi ringrazio tanto!

In questi giorni che ci conducono al Natale, la figura di Maria ci appare ancora più familiare, più vicina: guardiamola e lasciamoci guardare da lei, per imparare a dire “sì”, ad accogliere i progetti di Dio senza paura, e a prenderci cura dei più piccoli e indifesi. Lei, la Madre pellegrina nella fede e nella speranza, accompagni i passi della vostra Associazione. Benedico tutti voi e benedico il vostro servizio. E per favore non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.