Oggi abbiamo bisogno di luoghi di comunione per condividere la nostra fede, per crescere, per sognare, per scoprire la nostra vocazione, la volontà di Dio.

La Evangelii Gaudium è una esortazione di Papa Francesco nella quale ha voluto condividere il suo ministero, la sua preoccupazione per la responsabilità ricevuta e la passione per la missione apostolica.

Oggi sono tante le sfide umane, sociali, economiche, ecclesiali che ci accompagnano nella nostra vita quotidiana: la trasmissione della fede, il futuro, le sfide della tecnologia, il cambiamento di valori, l’individualismo, i poveri, le guerre, l’odio, ….la mancanza di speranza…

Il Papa inizia la sua esortazione partendo dalla gioia del Vangelo, gioia che è l’incontro con Cristo

“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”. EG 1

Avvisa sui rischi di perdere o non trovare la gioia del Vangelo..

“Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto”. EG 2

La Scrittura è un canto di gioia, è l’esperienza sponsale tra Dio e il suo popolo

“I libri dell’Antico Testamento avevano proposto la gioia della salvezza, che sarebbe diventata sovrabbondante nei tempi messianici. Il profeta Isaia si rivolge al Messia atteso salutandolo con giubilo: «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia» (9,2). E incoraggia gli abitanti di Sion ad accoglierlo con canti: «Canta ed esulta!» (12,6). Chi già lo ha visto all’orizzonte, il profeta lo invita a farsi messaggero per gli altri: «Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme» (40,9). La creazione intera partecipa di questa gioia della salvezza: «Giubilate, o cieli, rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri» (49,13)”. EG 4

“Il Vangelo, dove risplende gloriosa la Croce di Cristo, invita con insistenza alla gioia. Bastano alcuni esempi: «Rallegrati» è il saluto dell’angelo a Maria (Lc 1,28). La visita di Maria a Elisabetta fa sì che Giovanni salti di gioia nel grembo di sua madre (cfr Lc 1,41). Nel suo canto Maria proclama: «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,47). Quando Gesù inizia il suo ministero, Giovanni esclama: «Ora questa mia gioia è piena» (Gv 3,29). Gesù stesso «esultò di gioia nello Spirito Santo» (Lc 10,21). Il suo messaggio è fonte di gioia: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).” EG 5

Eppure allo stesso tempo Papa Francesco è vicino ai cuori che faticano: “Capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie: «Sono rimasto lontano dalla pace, ho dimenticato il benessere … Questo intendo richiamare al mio cuore, e per questo voglio riprendere speranza. Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie. Si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà … È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore» (Lam 3,17.21-23.26).” EG 6

Tutto questo ci introduce a questa prima riflessione alla quale Papa Francesco ci invita:

“ Il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza autentica di verità e di bellezza cerca per se stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti alle necessità degli altri. Comunicandolo, il bene attecchisce e si sviluppa. Per questo, chi desidera vivere con dignità e pienezza non ha altra strada che riconoscere l’altro e cercare il suo bene. Non dovrebbero meravigliarci allora alcune espressioni di san Paolo: «L’amore del Cristo ci possiede» (2 Cor 5,14); «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16).” EG 9

La vita si rafforza donandola e s’indebolisce nell’isolamento e nell’agio. Di fatto, coloro che sfruttano di più le possibilità della vita sono quelli che lasciano la riva sicura e si appassionano alla missione di comunicare la vita agli altri». Quando la Chiesa chiama all’impegno evangelizzatore, non fa altro che indicare ai cristiani il vero dinamismo della realizzazione personale: «Qui scopriamo un’altra legge profonda della realtà: la vita cresce e matura nella misura in cui la doniamo per la vita degli altri. La missione, alla fin fine, è questo».EG 10 La vita cresce e matura nella misura che la doniamo agli altri. La missione, alla fine, è questo….

La chiesa è chiamata a vivere questa sua vocazione, quella di essere missionaria. È la sua identità. È la sua massima sfida, passare da una pastorale di semplice conservazione a una decisamente missionaria

 

La trasformazione missionaria della Chiesa.

Una Chiesa in uscita

“Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di “uscita” che Dio vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova (cfr Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io ti mando» (Es 3,10) e fece uscire il popolo verso la terra promessa (cfr Es 3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,7). Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo.” EG 20

“La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria. La sperimentano i settantadue discepoli, che tornano dalla missione pieni di gioia (cfr Lc 10,17). La vive Gesù, che esulta di gioia nello Spirito Santo e loda il Padre perché la sua rivelazione raggiunge i poveri e i più piccoli (cfr Lc 10,21). La sentono pieni di ammirazione i primi che si convertono nell’ascoltare la predicazione degli Apostoli «ciascuno nella propria lingua» (At 2,6) a Pentecoste. Questa gioia è un segno che il Vangelo è stato annunciato e sta dando frutto. Ma ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre. Il Signore dice: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (Mc 1,38). Quando la semente è stata seminata in un luogo, non si trattiene più là per spiegare meglio o per fare segni ulteriori, bensì lo Spirito lo conduce a partire verso altri villaggi.” EG 21

L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, è una comunione missionaria, perché la gioia del Vangelo è per tutti. EG 23

Parabola: La Stazione di salvataggio

Su una costa del mare, dove spesso avvenivano, naufragi, c’era una piccola e rudimentale stazione di salvataggio. S trattava di una semplice capanna e di un’unica scialuppa, ma i pochi responsabili della stazione mantenevano sempre l’occhio fisso sul mare e, senza preoccuparsi troppo di se stessi, uscivano instancabilmente, giorno e notte, per soccorrere il naufrago sperduto. Molte vite furono salvate grazie a quella piccola stazione, al punto che diventò famosa.

Alcuni di quelli che si erano salvati e altri delle zone vicine vollero associarsi al lavoro di quei generosi e offrire i loro tempo, il loro lavoro e perfino il loro denaro. Furono comprate, così, nuove scialuppe e furono addestrati nuovi equipaggi. Il piccolo centro di soccorso crebbe.

Alcuni membri del gruppo di salvataggio non erano soddisfatti del locale: era troppo rudimentale e troppo poveramente equipaggiato. Sentivano il bisogno di un locale più confortevole per coloro che vi avrebbero trovato il loro primo rifugio dopo lo scampato pericolo del naufragio. E così sostituirono le brandine di emergenza con veri letti e arredarono il locale, già ampliato, con mobili di migliore qualità. Il piccolo centro diventò poco alla volta il luogo naturale d’incontro dei membri. Lo decorarono con grazia e lo ammobiliarono con gusto, perché era ormai diventato una specie di club. Erano molto pochi i soci che si dimostravano interessati ad uscire in mare per missioni di salvataggio, cosicché si giunse alla decisione di noleggiare equipaggi salvagente per tale lavoro.

Il motto “salvare i naufraghi” rimase dipinto a larghi caratteri sulla facciata del centro, tra altre decorazioni, e un’unica scialuppa salvagente venne mantenuta sul luogo in cui venivano realizzate le cerimonie di iniziazione dei nuovi soci.

Un giorno una grossa imbarcazione andò a infrangersi contro gli scogli e gli equipaggi di salvataggio giunsero a riva con molte persone mezzo affogate, tremanti di freddo e tutte bagnate. Erano sporche di sabbia e di fango, e bisognose di cure; così il nuovo e grazioso club fu trasformato in un caos. Dopo quella triste esperienza, il comitato responsabile del club fece costruire alcune docce fuori dal club, per consentire alle vittime dei naufragi di potersi lavare prima di mettere piede nella sala.

In una riunione successiva, sorse un disaccordo tra i membri del club. La maggioranza voleva mettere fine alle operazioni di salvataggio, perché costituivano un ostacolo alle attività del club e per di più non erano affatto piacevoli. Alcuni insistettero nel voler mantener le attività di salvataggio come obiettivo principale e osservarono che il club era considerato ancora come un centro di soccorso per i naufraghi. Tuttavia, al momento delle votazioni, quelli che difendevano l’obiettivo del recupero dei naufraghi rimasero sconfitti e fu loro detto che, se volevano salvare la vita dei naufraghi, potevano costruirsi un centro un poco più in là. E così fecero.

Con il passare degli anni il nuovo centro di salvataggio sperimentò gli stessi cambiamenti che si erano verificati in quello di prima. Si trasformò in un club e fu necessario costruire di nuovo un altro centro di pronto soccorso per i naufraghi.

La storia continuò a ripetersi, così che se qualcuno visita quel tratto di costa, può trovarvi una serie di club esclusivi disseminati per un lungo raggio. I naufragi continuano a ripetersi con discreta frequenza su quella costa, e la maggioranza dei naufraghi, non trovando chi li salvi, periscono tra i flutti…

 

CONVERSIONE PASTORALE

“Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una «semplice amministrazione». Costituiamoci in tutte le regioni della terra in un «stato permanente di missione».” EG 25

Bisogna accorciare le distanze e assumere la vita umana toccando le sofferenze di Cristo nel popolo. Gli evangelizzatori devono avere così “odore di pecore” EG 24

“Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere. Conosce le lunghe attese e la sopportazione apostolica. L’evangelizzazione usa molta pazienza, ed evita di non tenere conto dei limiti. Fedele al dono del Signore, sa anche “fruttificare”. La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il Signore la vuole feconda. Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania. Il seminatore, quando vede spuntare la zizzania in mezzo al grano, non ha reazioni lamentose né allarmiste. Trova il modo per far sì che la Parola si incarni in una situazione concreta e dia frutti di vita nuova, benché apparentemente siano imperfetti o incompiuti. Il discepolo sa offrire la vita intera e giocarla fino al martirio come testimonianza di Gesù Cristo” EG 24

Conoscere e vivere con pazienza le lunghe attese come Charles de Foucauld, che ha vissuto sino al martirio nell’attesa di realizzare il suo sogno di una fraternità in mezzo ai Tuareg.

 

Ogni rinnovamento è soprattutto fedeltà alla propria vocazione… “Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza “fedeltà della Chiesa alla propria vocazione”, qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo.” EG 26

La parrocchia rinnovandosi “continuerà ad essere la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie” EG 28

La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio:

  • Ambito dell’ascolto della Parola
  • Ambito della crescita della vita cristiana
  • Ambito del dialogo
  • Ambito dell’annuncio
  • Ambito della carità generosa
  • Ambito dell’adorazione
  • Ambito della celebrazione

“Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario.” EG 28

Il Papa suggerisce due azioni importanti in ogni parrocchia:

Incoraggia: le relazioni per costruire la comunità

Forma: il discepolato, in continuo discernimento,

 

 “La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità… Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale.” EG 33

 

Una chiesa in uscita è una chiesa con le porte aperte… uscire verso gli altri per raggiungere le periferie…

 

Marco 1, 40-45

40 Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi purificarmi!". 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, sii purificato!". 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44 e gli disse: "Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro". 45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Essere chiesa in uscita è essere una chiesa che offre accoglienza

Il lebbroso non poteva avvicinarsi a nessuno eppure si avvicina a Gesù

La chiesa non è una dogana è una madre che accoglie

Se vuoi puoi purificarmi: qual è la volontà di Gesù? Qual è la volontà della chiesa? Nella periferia non vivi di rendita, sei invitato “a dare ragione della tua fede”, ad imparare…

Lo voglio, sii purificato… La chiesa guarisce, quando si superano le distanze, quando si accorciano... si riscopre la bellezza della nostra umanità fragile …nessun uomo è un’isola, nessuno si salva da solo...

Presentati al tempio, ai sacerdoti…anche loro hanno bisogno di essere guariti…hanno bisogno della tua testimonianza…la evangelizzazione si fa per contagio…

Gesù non può entrare… perché ha assunto l’impurezza del lebbroso, per la fama…?

La cosa più importante continuare a uscire creando luoghi di accoglienza, di speranza, di salvezza di discepolato, di guarigione.